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Una lunga strada tra pace e guerra

Una lunga strada tra pace e guerra

Una lunga strada tra pace e guerra ha un taglio giornalistico azzeccato e rappresenta un valido contributo alla conoscenza della questione irlandese nel nostro paese: le sue pagine ci conducono attraverso i luoghi del conflitto, a percorrere quella che il titolo giustamente definisce “una lunga strada”. Purtroppo questa strada appare lungi dall’essere giunta al termine. Spesso infatti nel nostro paese si è portati a credere che con l’Accordo siglato due anni e mezzo fa il problema sia stato definitivamente risolto.

A oltre due anni da quell’Accordo appare dunque assai opportuna l’uscita di un libro come quello di Cerulli che, oltre a presentare un approccio analitico convincente, pone in primo piano la ricerca di una corretta interpretazione del conflitto. A questo scopo, la cura nei particolari con cui il tema è trattato – del tutto necessaria, essendo il problema ancora di tragica attualità – appare utile sia per chi non conosce affatto la questione che per chi la segue da anni.

Il volume si compone di quattro parti: “il regime unionista”, “le truppe inglesi”, “resistenza”, “il processo di pace”, attraverso una suddivisione apparentemente rigida; in realtà la lettura scorre attraverso un percorso geografico-narrativo che testimonia un’indubbia conoscenza dei luoghi e della materia da parte dell’autore, particolare certo non comune ai giornalisti del nostro paese. Ogni capitolo porta il nome di un luogo, di un paese o di un quartiere di quell’entità geopolitica artificiale nota al mondo col nome di Irlanda del Nord: l’insieme delle storie di questi luoghi, abilmente coordinate dall’autore, costituiscono un resoconto fedele di questi ultimi trent’anni di conflitto.

Conoscere Una lunga strada tra pace e guerra

Molte volte in passato ci siamo soffermati sulla difficoltà di trattare il conflitto irlandese inquadrandolo nella sua problematicità senza cadere in approssimazioni o trarre conclusioni affrettate. Se il libro di Cerulli appare sostanzialmente riuscito laddove altri lavori in passato avevano fallito o poco erano riusciti ad aggiungere all’approfondimento del problema all’interno del nostro paese, ciò significa innanzitutto due cose. In primo luogo, che un tema come quello del conflitto irlandese, pesantemente condizionato dalla macchina propagandistica britannica e da sterili strumentalizzazioni ideologiche è più facile analizzarlo da un punto di vista giornalistico che in chiave storica.

A riprova di questo la pressoché totale assenza di valide opere di storia dell’Irlanda in italiano. Secondariamente, ciò significa anche che per operare un’analisi scrupolosa come quella di Cerulli è necessario approfondire tali situazioni sul campo, rendendosi conto personalmente dei fatti, non dando ascolto a fonti scarsamente attendibili o filtrate da organi di informazione con sede a Londra. L’autore preferisce infatti nella maggior parte dei casi dare spazio a interviste raccolte tra la gente di Belfast, Portadown e Derry: politici, giornalisti, membri della Chiesa o di comunità di vario genere, ma soprattutto gente comune che ha vissuto il conflitto sulla propria pelle.

L’approccio adottato appare dunque convincente perché l’autore si pone completamente al servizio della gente del Nord Irlanda, dando spazio ai racconti, ai ricordi e alle confessioni, e queste costituiscono in buona sostanza le fonti del libro. Il giornalista di “Liberazione” si limita spesso esclusivamente – ma è senza dubbio abile nel farlo – a coordinare un’insieme di voci e a confezionare, di conseguenza, un resoconto organico ed esauriente senza indulgere in giudizi affrettati o in considerazioni mutuate da pareri altrui.

Completa degnamente l’opera una bella rassegna fotografica di Frankie Quinn dal titolo “le sei contee occupate”. Da rilevare infine che i proventi ricavati dalle vendite del volume e spettanti all’autore saranno devoluti a padre Des Wilson per la sua comunità di Springhill a Ballymurphy (Belfast).

Silvio Cerulli

Silvio Cerulli vive da alcuni anni a Belfast e dal 1997 è corrispondente dall’Irlanda per il quotidiano “Liberazione”. Essendo da tempo un testimone diretto degli sviluppi del conflitto nelle Sei Contee e del processo di pace in corso, Cerulli è riuscito a inquadrare il problema nella sua corretta dimensione.

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