Torna la paura in Irlanda del Nord. Una perquisizione nella città di Derry, in vista della festa di Pasqua, è finita con la morte di una donna di 29 anni. Si tratta della giornalista Lyra McKee, raggiunta da alcuni colpi d’arma da fuoco mentre seguiva gli scontri scoppiati nella notte. La polizia stava perlustrando la zona residenziale di Creggan, dove si temeva fossero conservate armi da utilizzare durante il fine settimana.

Unanime la condanna delle autorità che non hanno esitato a definire l’agguato un atto di terrorismo. Inequivocabile stando a quanto raccontato dalla giornalista Leona O’Neill, che si trovava a pochi metri dalla vittima: “L’uomo ha girato l’angolo e ha aperto il fuoco”. A confermare la tesi di O’Neill sono stati diversi testimoni oculari scesi in strada per capire cosa stesse accadendo. C’erano famiglie, giovani e bambini, avrebbero potuto uccidere ancora.

Stando a quanto dichiarato dalla polizia nordirlandese, nel dettaglio il commissario della polizia del Nord Irlanda (PSNI) Mark Hamilton, l’attacco sarebbe stato premeditato e coordinato: più di 50 bombe molotov e colpi di arma da fuoco. A pochi giorni, è arrivata la rivendicazione da parte della Nuova Ira. “L’Ira porge le nostre piene e sincere scuse al partner, alla famiglia e agli amici di Lyra Mckee per la sua morte” si legge in un comunicato inviato al quotidiano ‘The Irish Times’ e pubblicato dal suo sito. Gli autori della nota, assicurano dalla redazione, usano un codice di riconoscimento, e il testo è pertanto da ritenersi autentico.

McKee si è accasciata a terra. Non ce l’ha fatta

Una notte tragica che fa ripiombare l’Irlanda del Nord alla vicenda della Bloody Sunday. La nuova Irish Repubblican Army, – stando alle dichiarazioni della polizia nordirlandese – avrebbero ucciso volutamente. Lo scopo, delle cellule ancora attive, è di riaccendere la faida tra cattolici e protestanti. Un’occasione che alcuni fanatici stanno sfruttando sull’onda della Brexit. “È un atto orrendo, ingiustificato, terribile”, ha sottolineato Hamilton, i cui responsabili sono probabilmente i dissidenti repubblicani della Nuova Ira, una fazione che non ha mai accettato i termini dell’accordo di pace del venerdì Santo, firmato nel 1998.

Le dichiarazioni

“Sono sconcertata e profondamente addolorata” ha dichiarato Michelle O’Neill, leader del Sinn Féin. “Condanno senza riserve i responsabili della morte di questa giovane donna”. Per Arlene Foster, del partito unionista democratico (DUP), si tratta di “un atto senza senso, che spezza il cuore”.

Arresti

La polizia ha effettuato due arresti nell’ambito dell’omicidio della giornalista Lyra McKee a Derry. Si tratta di due giovani di 18 e 19 anni. Stando alla ricostruzione degli agenti, un uomo avrebbe esploso dei colpi colpendo alla testa la giornalista che si trovava vicino a uno dei veicoli della polizia. I due sono stati rilasciati. Successivamente è stata arrestata una donna, di 57 anni, sospettata di attività terroristiche.

 

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Con la Brexit cambia anche il passaporto

Cittadini del Regno Unito e dell’Irlanda del nord con l’avvento della Brexit riceveranno il blue passport o british passport. L’Home Office, il dicastero preposto all’amministrazione degli affari interni, ha già annunciato che: “come simbolo della nostra identità nazionale, il passaporto cambierà colore e dal rosso bordeaux Ue tornerà ad essere blu e oro”.
Un ritorno al passato, tra mille polemiche e tra chi vorrebbe restare in Europa. Ma gli accordi stanno andando avanti e dopo il via libera del Consiglio europeo alla seconda fase dei negoziati – che dovrà gettare le basi per il futuro accordo commerciale – per il Regno Unito il destino sembra oramai segnato.
COme prima iniziativa del cambiamento, l’uscita di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea si vedrà con la reintroduzione del passaporto UK, che non dovrà più rispettare gli standard imposti dalla Ue.
 

Brexit

Il nuovo documento entrerà in vigore da ottobre 2019, con degli accorgimenti anticontraffazione rispetto alla versione introdotta nel 1988. Lo ha ricordato il segretario di Stato per l’Immigrazione, Brandon Lewis.


 

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Mary Lou McDonald e Gerry Adams

Sarà Mary Lou a succedere a Gerry Adams, lo storico leader che per 34 anni ha guidato il partito repubblicano Sinn Féin. L’annuncio formale, atteso da tempo, è arrivato durante un evento pubblico a Dublino.
Così, il partito di riferimento della causa repubblicana, nella comunità cattolica dell’Irlanda del Nord, guarderà al futuro con Mary Lou McDonald. La donna, quarantenne, raccoglierà l’eredità politica dell’Ira.
Mary Lou non sarà sola, visto che le contee dell’Ulster soggette alla Gran Bretagna, vedono un’altra protagonista del partito, sua coetanea, Michelle O’Neill che ha di fatto rimpiazzato Martin McGuinness, l’ex numero due recentemente scomparso.
 

Adams lascia partito a Mary Lou

Dunque, Mary Lou McDonald succede ad Adams nella Repubblica d’Irlanda (Eire) mentre nell’Ulster la leadership resterà in mano a O’Neil. La successione del partito alle due donne ha già segnato il passaggio generazionale. Un futuro senza ombre, di personalità non riconducibili alla questione irlandese e agli anni di lotta armata: sia McGuinness che Adams, infatti, sebbene non lo abbiamo mai ammesso, erano considerati capi militari della guerriglia repubblicana.
Inoltre, l’ascesa di Mary Lou McDonald potrebbe essere il primo passo per sbloccare una eventuale coalizione di governo nell’Eire. Adams è sempre stata ritenuta una figura scomoda, dal passato troppo legato all’Ira, dunque non digeribile dagli elettori dei due maggiori partiti irlandesi, il Fine Gael e il Fianna Fail. Ora, che la leadership è cambiata, il partito potrebbe finalmente aspirare ad avere qualcosa in più.


Se tutto questo porterà a un’Irlanda unita dovremmo dare merito anche ad Adams. Secondo il Guardian, Adams – tuttora presidente del movimento alla soglia dei 70 anni – manterrà in effetti un ruolo influente dietro le quinte. Ma il suo “passo indietro”, insiste il giornale britannico, lascia comunque spazio al vertice degli incarichi ufficiali a una leva più giovane: estranea per ragioni anagrafiche, oltre che di atteggiamento politico, all’eredità della sanguinosa stagione dei “troubles” nell’Ulster, degli attentati dell’Ira, della repressione di Londra.
 

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Risultati definitivi Elezioni Irlanda del Nord 2017

Testa a testa tra Democratic Unionist Party e Sinn Féin: il partito unionista perde consensi al contrario i repubblicani crescono. Sono i dati a confermare la tendenza. Il Dup, legati alla Gran Bretagna, si sono aggiudicati 28 dei 90 seggi dell’Assemblea regionale.
Il Sinn Féin, che punta alla riunificazione con la Repubblica d’Irlanda, ne conta 27. In calo anche l’UUP, la seconda formazione unionista, che scende da 12 a 10 scranni con le dimissioni del suo leader Mike Nesbitt.
Il Partito Socialdemocratico e Laburista (SDLP) si aggiudica 12 seggi. Il 64 per cento degli aventi diritto è andato a votare.
 

Tutto da rifare

Nelle prossime tre settimane, i due partiti in testa dovranno trovare nuovamente un’intensa. Dopo l’uscita dall’esecutivo del vicepremier Marty McGuinness, con ogni probabilità toccherà alla nuova leader del partito Michelle O’Neill il compito di formare un governo con gli esponenti del Democratic Unionist Party. Ma in casa unionista, l’ex primo ministro Arlene Foster dovrà fare prima i conti con il proprio partito.
 

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Michelle O’Neill

Il partito cattolico indipendentista del nord Irlanda ha una nuova leader: Michelle O’Neill, nordirlandese, madre di due figli, in politica da due decenni, con un lungo curriculum alle spalle.
La quarantenne è stata sindaco, deputato e infine ministro dell’Agricoltura e della Sanità nel governo autonomo dell’Irlanda del Nord. In un momento così delicato per questo territorio, sullo sfondo della Brexit, definita da Adams “un atto ostile”, il Sinn Féin ha nominato il primo leader di una nuova generazione, che non ha vissuto in prima persona il conflitto nordirlandese.
Un cambiamento storico per il partito che da sempre insegue un unico scopo: la riunificazione del nord del paese con la repubblica d’Irlanda.
 

Eletta leader donna

O’Neill prende il posto di Martin McGuinness, l’ex-comandante dell’Ira, che è stato uno degli artefici del processo di pace e degli accordi del 1998 che hanno messo fine al conflitto nel Nord.
 

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La Bloody Sunday chiama giustizia. Tra insabbiamenti e inchieste più o meno coraggiose, il Ministero della Difesa britannico ha inviato a 400 soldati inglesi – ormai in pensione – una lettera di esortazione per chiedere loro di raccontare a cosa assistettero quel 30 gennaio del 1972 e in altri episodi di violenza. La domenica di sangue è una delle pagine buie dell’Irlanda del Nord: 14 civili persero la vita, quando il 1º Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell’esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti. 

Due soldati in pensione sono i primi membri delle forze armate ad essere perseguiti per omicidio in relazione alle uccisioni dell’esercito britannico. A loro carico pende la morte del comandante dell’Official IRA Joe McCann, ucciso nell’aprile 1972 nel centro di Belfast. Il leader repubblicano era una leggenda già prima di morire, per aver organizzato la battaglia nel quartiere del mercato di Belfast, il 9 agosto 1971. Nove mesi dopo, McCann viene ucciso dalle truppe nella stessa zona. Secondo fonti di polizia, un attento esame delle prove disponibili hanno confermato la decisione di perseguire i due uomini per il reato di omicidio. 

La scorsa settimana è emerso che la polizia nordirlandese ha riaperto 302 casi di morte nell’Ulster, come parte di una campagna finanziata dai contribuenti. Il ministero della Difesa ha confermato di aver inviato circa 400 lettere a potenziali testimoni. “Ovviamente ogni testimonianza potrebbe essere cruciale”, ha detto un portavoce del ministero. Anche i paracadutisti che parteciparono alla strage sono fra quelli che hanno ricevuto le missive: ai membri del Primo Battaglione, reggimento dei paracadutisti, è stato chiesto di testimoniare sulla morte di dieci civili a Belfast nel 1971. Nigel Kensall, presidente dell’associazioni veterani inglesi, ha riferito: “Queste lettere, in tutti noi, hanno sollevato molta preoccupazione”.
 

La causa possibile

Sui tragici fatti, il Governo Britannico condusse due inchieste: Il “Widgery Tribunal”, tenutosi in seguito al verificarsi dei fatti, che prosciolse largamente l’autorità ed i soldati britannici da ogni colpa, ma fu da più parti criticato, compreso l’ex capo di gabinetto di Tony Blair, Jonathan Powell. La “Saville Inquiry”, stabilita nel 1998 per gettare nuova luce sui fatti. Il documento – composto da migliaia di pagine – fu fornito al governo inglese a giugno 2010, dopo molti ritardi. Il 15 giugno 2010, fu David Cameron, allora primo ministro, a presentare le conclusioni del rapporto a firma di Lord Saville. Una condanna senza alcuna giustificazione sulla condotta dell’esercito inglese. Il primo ministro del Regno Unito concluse così la sua esposizione: «Sono patriottico e non voglio mai credere a niente di cattivo sul nostro Paese, ma le conclusioni di questo rapporto sono prive di equivoci: ciò che è successo quel fatidico giorno è stato ingiusto e ingiustificabile. È stato sbagliato».

 

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Edward Daly

Edward Daly, prete cattolico e simbolo del Bloody Sunday, si è spento il mese scorso all’età di 82 anni.

La sua foto fece il giro del mondo, quando sventolò un fazzoletto bianco nel tentativo di portare in salvo Jackie Duddy, ferito a morte.

Chi è Edward Daly? Daly ha fatto i suoi primi studi al St. Columb’s College a Derry, prima di raggiungere Roma dove ha frequentato il Pontificio Collegio Irlandese. Ordinato sacerdote il 16 marzo 1957, il prete cattolico si occupa della diocesi di Derry e dal 1962 al 1973 opera nella cattedrale di Sant’Eugenio, situata nel quartiere Bogside, uno dei principali teatri di scontro del conflitto nordirlandese.
 

Addio a Edward Daly

Padre Daly prende parte alle marce per i diritti civili, vive in prima persona la battaglia di Bogside del 1969 e la Bloody Sunday del 1972. Il suo impegno è lodevole e lavora persino per la Radio Telefís Éireann come consulente religioso, comparendo in numerosi programmi televisivi sia religiosi sia riguardanti gli avvenimenti nell’Irlanda del Nord.

Il 31 marzo 1974 viene consacrato vescovo dal cardinale William John Conway. Daly sceglie come motto la frase Pasce oves meas, cioè “pasci le mie pecore”, e come stemma un albero di quercia con una colomba a simboleggiare il desiderio di pace. A lui viene affidata la diocesi di Derry. Incarico che lascia in seguito ad un ictus nel 1993. Il suo ultimo ruolo è quello di cappellano del centro ospedaliero di Foyle.

Muore a Derry l’8 agosto 2016 all’età di 82 anni.

 

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Novità. E’ stato liberato dietro il versamento di una cauzione, ma resta sotto inchiesta l’ex militare britannico arrestato nei giorni scorsi nell’ambito di nuove indagini sull’eccidio della Domenica di Sangue.

Arrestato un ex paracadutista di 66 anni che intervenne nella sparatoria del 30 gennaio 1972, durante la quale un reparto britannico a Derry uccise 13 manifestanti per i diritti civili e un quattordicesimo morì qualche mese dopo in seguito alle ferite riportate. Era la Bloody Sunday.

Dopo 43 anni dalla strage, un uomo di 66 anni, ex membro del Reggimento Paracadutisti britannico, è stato arrestato nella Contea di Antrim perché sospettato idi aver avuto un ruolo diretto nell’uccisione di tre manifestanti. Il militare, all’epoca dei fatti, era in stanza in Irlanda del Nord. Iniziata nel 2012, la nuova indagine, guidata dall’ispettore capo Ian Harrison, ha portato al primo arresto per la strage avvenuta a Derry.
In seguito alla pubblicazione del rapporto Saville, nel 2010, il primo ministro David Cameron chiese scusa a nome dell’esercito, definendo “ingiustificata e ingiustificabile” la loro azione di forza. Successivamente, la polizia nordirlandese annunciò di voler interrogare sette ex soldati sospettati di aver partecipato ai fatti del 1972. Dopo il trasferimento del militare a Belfast, dove sarà interrogato, Harrison ha dichiarato: “L’arresto segna una nuova fase nelle indagini”.

Funerali di Peggy O’Hara

Uomini e donne in abiti paramilitari hanno sfilato lungo le strade della città di Derry durante i funerali di Peggy O’Hara, madre del combattente dell’INLA, Patsy O’Hara morto nel carcere di Long Kesh nel lontano 1981. Martin McGuinness si è detto rattristato dalla morte della donna.


Martin McGuinness del Sinn Féin ha espresso il proprio cordoglio per la morte di Peggy O’Hara, madre di uno dei dieci repubblicani irlandesi che parteciparono all’Hunger Strike, lo sciopero della fame che li portò alla morte nel carcere di Long Kesh. Pasty morì il 21 Maggio 1981, dieci anni dopo essere entrato a far parte del Na Fianna Eireann, l’ala giovanile dell’IRA.
Patsy O’Hara iniziò lo sciopero della fame il 22 marzo 1981 ed alle 23:29 del 21 maggio seguente morì, dopo 61 giorni di digiuno: aveva solo 23 anni.


 

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James McClean

Il giocatore dell’Irlanda del Nord, James McClean, non rispetta l’inno inglese e in campo sulle note di God Save The Queen si volta di spalle. Un gesto che fa infuriare compagni e tifoseria e ne nasce un caso sui social.
James McClean si è voltato di spalle durante l’inno nazionale britannico. Già in passato, il giocatore nato a Derry si era rifiutato di indossare sulla divisa uno dei simboli del team inglese per il quale giocava.
 

La disobbedienza di James McClean

Si trattava di un papavero rosso, che lui riteneva essere irrispettoso delle vittime che hanno perso la vita durante i Troubles in Irlanda del Nord. Pioggia di critiche sono arrivate su Twitter e qualche tifoso lo ha persino offeso. McClean ha smorzato gli animi dicendo: «Non ho bisogno di dire niente o lo farò quando vorrò io».


 

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